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Dalle mascherine alle donazioni: la moda che combatte il virus

In Italia tante aziende producono le mascherine, in Francia Lvmh riconverte in gel igienizzante

Giorgio Armani, Chiara Ferragni, Mascherine Ermanno Scervino, stabilimenti Miroglio

In questo momento di immobilità c’è un settore che, per fortuna, a star fermo proprio non riesce, quello della moda. Sin dall’inizio, in silenzio e senza troppo clamore, le aziende e gli operatori del fashion hanno iniziato a interrogarsi sul problema della diffusione del coronavirus, cercando soluzioni.
Da Nord a Sud, sono tante le aziende che si sono riconvertite nella produzione delle introvabili mascherine e altri dispositivi di protezione. A costo minimo o anche gratuitamente.

Mascherine italiane

Il gruppo Miroglio Fashion di Alba (Elena Mirò, Luisa Viola, Motivi, Oltre…), in poche ore dalla richiesta, ha garantito mascherine chirurgiche in cotone idrorepellente ed elastan, lavabili e riutilizzabili. Per rispondere alla richiesta di aiuto della Regione Piemonte, Miroglio ha attivato con la massima urgenza una rete produttiva con i suoi partner in tutta Italia al fine di riuscire a realizzare 75-100mila unità giornaliere.
Medical masks e camici ospedalieri anche per il noto marchio di moda Ermanno Scervino.

In provincia di Novara, la Baby2 di Romentino, specializzata in abbigliamento intimo e pigiami, sta producendo adesso mascherine di tipo chirurgico lavabili a 60 gradi e sterilizzabili con amuchina per essere riutilizzate. Sono prodotte con un tessuto anti-goccia e l’azienda le ha messe a disposizione – gratuitamente – di ospedali, case di riposo e Croce Rossa.
Produzione di mascherine anche per Modaimpresa in Molise che punta alle 10mila unità giornaliere.
Stesso prodotto, seppur con capacità protettiva inferiore, per la BC Boncar di Busto Arsizio, specializzata in packaging luxury e sacchetti di tessuto per case di moda (tra cui Hugo Boss, Louboutin ed HM). Non sono dispositivi medici ma hanno comunque una loro utilità per esempio nelle aree amministrative e per il personale non medico

Pensa ai compaesani la GDA di Galatina, in Puglia. L’azienda che ha tra i suoi clienti Gucci e Dolce&Gabbana sta fabbricando in questo periodo delle mascherine in TNT (tessuto-non-tessuto) che regala ai galatinesi.
Restando nella stessa regione, riconversione anche per la Salento Industriale, che fa capo al gruppo Canepa, nello stabilimento di Melpignano, in provincia di Lecce.

Anche H&M fornira’ dispositivi di protezione agli ospedali. Lo annuncia una nota del colosso svedese di abbigliamento low cost in cui si mettono in luce le capacità logistiche che porteranno alla distribuzione a livello globale dei dispositivi di protezione individuale.

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Le donazioni sono di moda

Encomiabile l’impegno dei Ferragnez che, oltre ad intrattenere il vicinato in quarantena e i social a suon di musica, in poche ore hanno usato il potere di influencer per una raccolta fondi con GoFundMe che ha ampiamente superato i 4 milioni di euro, per finanziare il nuovo reparto dell’Ospedale San Raffaele.
La prima clamorosa donazione da 1,250 milioni, a poco tempo dalla dichiarazione dell’emergenza, è stata di Giorgio Armani, destinati ai 4 ospedali italiani in prima linea nella lotta contro al virus.
2 milioni destinati a realtà e organizzazioni sanitarie localizzate in Lombardia, Veneto, Toscana e Lazio arrivano da François-Henri Pinault, al timone del gruppo Kering (Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen…).
Altri 3 milioni arrivano dai Benetton e sono destinati a 4 realtà ospedaliere.
200mila euro destinati sempre al dipartimento di terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano arrivano anche da Donatella Versace e sua figlia Allegra.

Disinfettanti al posto di profumi

Ben prima che Macron dichiarasse lo stato d’emergenza, il colosso del lusso LVMH, che fa capo a Bernard Arnault, ha annunciato una riconversione delle fabbriche. Invece delle nuove fragranze dei marchi Christian Dior, Guerlain e Givenchy, i suoi laboratori di profumi producono gel igienizzante da distribuire gratuitamente agli ospedali francesi.

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